La serie Emily in Paris, creata da Darren Star e disponibile su Netflix, è diventata rapidamente un fenomeno globale. La storia segue Emily Cooper, una giovane professionista del marketing di Chicago che si trasferisce a Parigi per lavorare in un’agenzia di marketing francese. La serie esplora la sua vita professionale e personale nella capitale francese, mettendo in scena una narrazione ricca di glamour, moda, amore e, ovviamente, marketing. Ed è proprio qui che iniziano i problemi. Molti professionisti del marketing digitale hanno infatti criticato la rappresentazione del settore marketing che la serie offre, considerandola irrealistica e superficiale.

 

Lo storytelling di Emily in Paris fa apparire il mondo del marketing come un lavoro apparentemente semplice, pieno di eventi mondani e collaborazioni glamour e totalmente privo di reali complessità. Vediamo infatti Emily ottenere risultati straordinari con apparentemente pochissimo sforzo senza necessità di pianificazioni, analisi dei dati e una comprensione profonda delle dinamiche sociali.

 

Esploriamo quindi insieme le effettive differenze tra le aspettative che Emily in Paris crea e la realtà del mondo del marketing.

 

Social Media Management: aspettative e stereotipi in Emily in Paris

La serie ci presenta Emily che si muove in un mondo perfetto, fatto di caffè alla moda, eventi glamour e riunioni con clienti in ambienti chic. Il suo lavoro di social media manager sembra privo di ostacoli e stress: i post che pubblica su Instagram diventano virali in pochi minuti e la sua influenza digitale cresce a dismisura con pochi scatti accattivanti. Ogni campagna che crea sembra funzionare senza problemi, rafforzando la falsa credenza che nel marketing basti un po’ di creatività per raggiungere il successo.

 

La realtà: un lavoro dietro le quinte fatto di analisi, strategie e pianificazione

Nella realtà, il lavoro di un social media manager è ben più complesso di quanto Emily in Paris faccia credere. Gestire i social media richiede un’attenta pianificazione, analisi dei dati e la creazione di contenuti pensati per un pubblico specifico. Ogni post pubblicato viene studiato a fondo, tenendo conto degli obiettivi aziendali, delle metriche di performance e delle dinamiche della piattaforma. In Emily in Paris, invece, Emily ottiene risultati straordinari in modo immediato, senza mai dover affrontare la complessità della gestione di una strategia di lungo termine.

 

Questa discrepanza è uno dei motivi principali per cui i professionisti del settore hanno criticato la serie. Come evidenziato da The Savvy Edit, il successo sui social non è mai immediato: campagne ben eseguite richiedono tempo, test, e adattamenti continui basati su analisi dettagliate delle performance.

 

Viral marketing: magia o pianificazione strategica?

Una delle narrazioni più ricorrenti nella serie è la facilità con cui le campagne diventano virali. Un esempio emblematico è quando un post improvvisato di una torta in un ristorante ottiene una risposta virale immediata in grado di far crescere istantaneamente la notorietà del brand cliente. Emily, infatti, sembra avere la capacità magica di far crescere i follower dei suoi clienti in pochi giorni e ogni post che pubblica diventa virale in una manciata di minuti. Ma chi lavora nel marketing sa che creare contenuti virali non è affatto così semplice.

 

Il viral marketing non è mai una certezza: non esiste una formula magica che garantisca la viralità di un contenuto ed è più spesso una rara eccezione che un’equazione dal risultato sicuro. Inoltre, il successo di una campagna che diventa virale, e che può sembrare nella realtà essere il frutto di un’idea estemporanea, è il risultato di mesi di pianificazione, test e perfezionamento.

 

Secondo The Doers un altro punto critico è la mancanza di attenzione alle metriche e agli indicatori di performance (KPI) nella serie. Nella realtà, i marketer devono costantemente monitorare e analizzare le metriche di engagement, il ritorno sull’investimento (ROI) e il comportamento degli utenti per adattare e migliorare le campagne in corso. Anche altri elementi fondamentali, come il testing A/B che permette di confrontare diverse versioni di una campagna per determinarne l’efficacia, vengono completamente ignorati nella serie. Senza considerare che, sottolineato anche da The Savvy Edit, le campagne di successo richiedono investimenti su più canali (PR, SEO, pubblicità a pagamento) e non si basano solo su un singolo post ben piazzato​.

 

Il rapporto con i clienti: facile come sembra?

In Emily in Paris, Emily sembra sempre ottenere immediatamente il consenso dai suoi clienti. L’idea geniale arriva dal nulla, viene immediatamente accettata e, senza alcuna discussione di budget o fattibilità, viene messa in pratica con successo. I clienti, per lo più, si fidano ciecamente delle sue intuizioni e non pongono molte domande.

 

Nella realtà del marketing, però, il rapporto con il cliente è molto più complesso. Prevede negoziazioni, revisioni multiple e una costante necessità di bilanciare le idee creative con i vincoli di budget e tempo. A volte, per esempio, i clienti possono avere grandi aspettative ma budget limitati, e il lavoro del marketer è anche quello di bilanciare queste due realtà. Come osservato in numerosi casi reali, l’approvazione di una campagna può richiedere settimane di riunioni, discussioni e aggiustamenti e le idee innovative, inoltre, spesso devono essere supportate con dati e analisi che ne dimostrino la potenziale efficacia.

 

Lavorare nel marketing è tutto networking e feste?

Nella serie gran parte del lavoro di Emily sembra consistere nel partecipare a eventi sociali, costruire relazioni in modo informale e vivere la parte più glamour della vita professionale.

 

Il networking è sicuramente una componente fondamentale del successo, ma in Emily in Paris viene rappresentato come un’attività semplice, naturale e, in qualche modo, priva di reali responsabilità professionali. Nella realtà invece il networking deve essere supportato da competenze solide e strategie ben pianificate.

 

In altre parole, l’immagine di un marketer che passa da un evento glamour all’altro e così ottenere successo è decisamente lontana dalla verità.

 

Cosa possiamo imparare da Emily in Paris: la creatività e l’adattamento

Nonostante le critiche, Emily in Paris offre anche lezioni positive per il mondo del marketing. La creatività e la capacità di adattamento di Emily sono qualità che ogni professionista del marketing dovrebbe possedere. In un mondo in continua evoluzione, dove le tendenze cambiano rapidamente, i professionisti del marketing devono essere in grado di adattarsi e pensare fuori dagli schemi.

 

Un altro aspetto importante che la serie mette in luce è l’importanza dell’autenticità. Oggi, infatti, i consumatori sono sempre più scettici nei confronti delle strategie che sembrano eccessivamente costruite o poco genuine. Le aziende che riescono a creare una connessione emotiva con il loro pubblico e a comunicare i loro valori in modo genuino e coerente, così da evitare l’activism fatigue, hanno maggiori probabilità di ottenere successo. In questo senso, sebbene Emily in Paris idealizzi molti aspetti del marketing, ci ricorda che l’elemento umano, composto di empatia e creatività, rimane al centro di qualsiasi campagna di successo.

 

La percezione del settore del marketing: un’opportunità per riflettere

Emily in Paris ci offre una visione edulcorata del mondo del marketing in cui tutto sembra facile e immediato, mentre la realtà del settore è molto più complessa e richiede competenze tecniche, strategiche e analitiche. Se quindi da un lato la serie riesce a ispirare creatività e pensiero laterale, dall’altro non possiamo fare a meno di notare come trascuri gli elementi essenziali di una professione tanto affascinante quanto impegnativa.

 

Per i professionisti del settore Emily in Paris rappresenta più una fantasia che una realtà, ma offre comunque spunti di riflessione su come le aspettative del pubblico si scontrano con la realtà del marketing moderno. Per chi lavora davvero nel marketing, quindi, la serie è un’opportunità per riflettere su come il nostro lavoro venga percepito dal grande pubblico e come questa percezione possa essere migliorata attraverso una maggiore educazione e trasparenza sulle reali dinamiche che muovono il settore.

 

Photo Credits: Giulia Parmigiani/Netflix